domande p.12-14-18 (Schopenhauer)

 domande:

1. Secondo Schopenhauer possiamo solo conoscere le cose che avvertiamo con i sensi, ad esempio non si può sapere cosa sia un albero ma soltanto come esso si presenta ai nostri occhi e tale immagine poi viene elaborata tramite l'intelletto.

2. Le tre forme a priori con cui il soggetto organizza i fenomeni sono il tempo, lo spazio e la categoria di causa, ovvero l'unica categoria dell'intelletto riconosciuta da Schopenhauer.

3. La rappresentazione, per Schopenhauer, è il modo in cui ciò che percepiamo attraverso i nostri sensi diventa parte della nostra esperienza cosciente. In altre parole, il mondo come lo conosciamo è una costruzione mentale che deriva dalle nostre percezioni.

La scienza, d'altra parte, cerca di spiegare e sistematizzare queste percezioni attraverso modelli, teorie e leggi. Pertanto, la scienza non è altro che una forma di rappresentazione organizzata e strutturata della realtà. In questo senso, entrambi si riferiscono a come interpretiamo il mondo e non alla realtà in sé.

domande:

1. Secondo Schopenhauer, la volontà è la cosa in sé che si manifesta nel mondo fenomenico. In questo modo, attraverso l'introspezione e la comprensione delle nostre stesse motivazioni e desideri, possiamo avere accesso a una conoscenza del noumeno, anche se imperfetta. Così, mentre Kant dice che non possiamo conoscere la realtà ultima, Schopenhauer apre la porta a una forma di conoscenza intuitiva che noi possiamo avere riguardo a essa.

2. Secondo Schopenhauer, la volontà è una forza profonda e universale che motiva sia le azioni umane che i processi naturali, e questa forza porta a una continua tensione tra desiderio e insoddisfazione, che genera sofferenza. La consistenza di questa volontà, che spinge a vivere e a combattere, è vista come il nucleo dell'esistenza, sia in noi che nel resto del mondo.

3. Per Schopenhauer, la volontà è inconsapevole perché è una forza fondamentale e profonda che guida tutti gli esseri viventi, ma di cui noi non siamo pienamente consapevoli. In altre parole, le nostre decisioni e i nostri desideri non sono sempre il risultato di una riflessione cosciente; spesso, sono mossi da pulsioni e bisogni interiori che agiscono al di fuori della nostra consapevolezza.

4. Secondo Schopenhauer, la volontà ci porta a desiderare continuamente, ma questa continua ricerca di soddisfazione ci condanna a un ciclo di desiderio e sofferenza, senza una vera possibilità di felicità duratura. Quindi, la vita è caratterizzata da questo movimento incessante della volontà, che spinge gli individui a cercare sempre qualcosa di più, ma che difficilmente porta a una felicità profonda e stabile.


domande:

1.Per Arthur Schopenhauer, l'origine del dolore dell'esistenza risiede nella volontà di vivere (in tedesco, il principio metafisico fondamentale che egli identifica come la forza cieca, irrazionale e incessante che muove ogni essere vivente. Questa volontà, essendo insaziabile e priva di uno scopo ultimo, genera inevitabilmente sofferenza.


2.Per Schopenhauer, l'arte ha un effetto liberatorio in quanto permette all'individuo di trascendere la condizione dolorosa dell'esistenza legata alla volontà di vivere. Secondo la sua filosofia, la volontà di vivere è una forza cieca e incessante che guida ogni essere e causa sofferenza perpetua, poiché i desideri sono insaziabili e la soddisfazione è sempre momentanea.

L'arte, invece, consente all'uomo di entrare in uno stato di contemplazione estetica, in cui ci si distacca dalla volontà e dalla schiavitù dei desideri. 


3.Schopenhauer ritiene che la morale consenta di superare la visione egoistica e frammentaria che deriva dal principio di individuazione. Questo principio, ereditato dalla filosofia di Kant e della tradizione metafisica, si riferisce al modo in cui percepiamo la realtà fenomenica: come una molteplicità di individui separati nello spazio e nel tempo. È ciò che ci fa apparire gli altri come "altri" rispetto a noi stessi, favorendo egoismo e conflitto.


4. Per Schopenhauer, il nulla a cui conduce l'ascesi non è una realtà sostanziale né un'entità positiva, ma rappresenta piuttosto la negazione della volontà di vivere e di tutte le illusioni ad essa legate. Questo nulla non deve essere inteso come un vuoto o un'assenza ontologica, bensì come la liberazione dalla condizione esistenziale dominata dal desiderio, dalla sofferenza e dal principio di individuazione.

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